MARCO TASSINARI
Fashion Photographer
“Il desiderio di scoprire, la voglia di emozionare, il gusto di catturare, tre concetti che riassumono l’arte della fotografia.”
Helmut Newton
Marco Tassinari, bolognese, è un fotografo di moda di grande talento. Nella sua lunga esperienza creativa ha scattato immagini per le riviste più prestigiose del settore, Vogue, Vogue bambino Vogue Russia Kids, Amica, Grazia, Harper’s Bazaar, Tatler Russia, ELLE Spose, ELLE Kids, Style Piccoli, D di Repubblica. Collabora con grandi brand internazionali.
Come è nato il tuo lavoro?
Ero giovanissimo quando Pierino Piccinini, patron della Actualfoto di Bologna mi mise in mano una macchina fotografica, mi spiegò i rudimenti e mi spedì, per così dire, in campo. Dopo i primi risultati disastrosi perché non era affatto facile immortalare quei bolidi in movimento con obbiettivi importanti come il 500 mm a specchio e grazie alla pazienza di Pierino che forse vedeva in me qualcosa che doveva venir fuori, piano piano migliorai fino ad essere richiesto dalle case automobilistiche. La Actualfoto era una agenzia fotografica specializzata nata nel 1950. Ancora oggi vanta il più importante archivio italiano di immagini storiche sull’automobilismo e in quegli 8 milioni di scatti mi piace pensare che ce ne siano anche di miei.
Lí ho capito che poteva diventare un mestiere al quale poco a poco mi ci sono dedicato passando per varie esperienze. Dopo la Actualfoto ho lavorato per alcuni anni in un laboratorio professionale di foto dove ho appreso le tecniche di stampa in camera oscura e imparato a trattare il colore.
Come sei passato alla fotografia di moda?
Nel mio percorso di ricerca e sperimentazione avevo acquisito una buona tecnica e sentivo l’esigenza di esprimermi in qualcosa di più elaborato come la produzione di immagini per la moda. L’incontro con aziende del settore, non famosissime ma ben strutturate e solide dal punto di vista finanziario, mi ha aperto le porte di questo affascinante settore.
Ho iniziato a viaggiare in tutto il mondo realizzando servizi fotografici che poi apparivano su prestigiosi magazine come Linea Italiana della Arnoldo Mondadori Editore, allora l’organo ufficiale della moda. Mano a mano che aumentava il mio prestigio come fotografo, venivo richiesto da aziende importanti con le quali collaboro ancora oggi.
Un salto di qualità veramente enorme rispetto a quello che avevo fatto prima. Un universo a parte dove sui set fotografici, fashion designer, art director e fotografo, costituiscono la metafora visiva.
Cosa ti piace di più quando realizzi uno shooting?
Sicuramente quella energia collettiva che si crea tra il fotografo, gli stylist che confezionano i mood con la scelta degli outfit e le altre figure indispensabili come il makeup artist e l’hair artist. Un momento magico, una forza condivisa che cerco di catturare e di ritrasmettere nelle immagini che vengono fuori dai miei scatti. Un’arte che esprime idee, emozioni e identità.
In tanti anni che la frequenti, che idea ti sei fatto del mondo della fotografia nella moda?
È uno strumento importantissimo e con un potere immenso. Attraverso la comunicazione ogni brand del sistema moda trasmette la sua peculiarità. La cura dell’immagine ha un ruolo essenziale perché in questo campo non si vende solo un prodotto ma tutta l’immagine che gli è stata cucita attorno.
Negli scatti per un servizio di moda quanto viene fuori della autorialità del fotografo?
La bravura del fotografo sta nel riuscire a raccontare una storia attraverso le immagini.
Giovanni Gastel diceva che la creatività ha bisogno di un punto di vista, e questo punto di vista è quasi sempre quello del fotografo. Certo, le aziende ti commissionano di rappresentare i loro codici comunicativi e i giornali di moda ti indicano la linea editoriale che devi seguire, ma l’originalità e “l’arte” di chi scatta rappresentano la sua firma. Se hai scelto un certo fotografo, hai scelto il suo stile e la sua visione. La tecnica nel mio settore è un prerequisito, poi contano altri elementi come la sensibilità estetica, l’occhio allenato, la creatività continua.
Quali sono i grandi fotografi del passato che apprezzi?
Richard Avedon perché ha approcciato la moda con una estetica minimalista molto raffinata. Guy Bourdin per la straordinaria cifra stilistica che, a mio avviso, ha rivoluzionato la fotografia moderna. Ma anche diverse donne come l’esponente della street photography Vivian Maier e Sarah Moom.
Chi sono le top models di oggi?
Dalle supermodels degli anni ‘80 e ‘90 che rappresentavano l’ideale femminile dell’epoca, siamo passati alla rivoluzione mediatica dei social che ha contrassegnato un nuovo modo variegato di apparire e di interagire con il pubblico. È il seguito on line che stabilisce fama e notorietà di una modella.
Tornando al tuo lavoro, riesci anche a divertirti fotografando?
Sono felice e spesso divertito quando lavoro con i bambini. Un mondo puro e non artefatto dove non serve parlare tante lingue o dare troppe spiegazioni. I bambini sono spontanei, naturali ed anche i più timidi, se sai cogliere, ti danno qualcosa di raro.
A loro ho dedicato un mio progetto fotografico, Cletta l’imperfetta, nato durante il periodo del Covid. Avevo acquistato una vecchia bicicletta da un rigattiere volendole dare una seconda chance. Dietro a questo c’era la mia vicenda personale che mi vedeva affrontare l’avvento del digitale con un po’ di timore. Con la pellicola avevo raggiunto risultati straordinari e improvvisamente quel mondo non esisteva più. Mi sono comprato tutta l’attrezzatura necessaria e mi sono messo a studiare di nuovo. Con la bici volevo spiegare che gli oggetti del passato continuano ad avere storie da raccontare. E così mi sono portato Cletta sui set fotografici di tutto il mondo scattando divertenti fotografie ambientate in un mondo magico, soprattutto nei servizi con i bambini. Durante il lockdown ho iniziato a pubblicare delle storie con la bicicletta protagonista che hanno visto l’adesione entusiasta di tanti bambini che commentavano con l’aiuto dei genitori. Una soddisfazione enorme per una piccola cosa che in fondo raccontava di me.
Come ti vedi da qui a 10 anni?
Oltre a continuare a lavorare con pochi marchi esclusivi con i quali mi occupo del progetto globale come art director, vorrei dedicarmi allo sviluppo di concetti attraverso la fotografia. Ho organizzato diverse esposizioni dei miei lavori, a New York ma anche in Italia. L’anno scorso ho presentato una mostra, Forme e Colori, alla Galleria di Arte Contemporanea Wikiarte a Bologna dove ho esplorato il tema della luce.
Uno sguardo personale su questo elemento che va alla ricerca di una dimensione alternativa oltre il reale. A detta dei critici, nella impeccabile qualità degli scatti, viene ricordato il grande artista Mark Rothko. Cosa che mi ha fatto molto piacere.
Mi sto anche occupando di un tema legato alla Terra, un pianeta malato a causa dell’uomo che avrà la sua riscossa perché la natura vince sempre.